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Imposizioni sociali.

Che abbiamo fatto male?


Una vita scandita da tappe, neanche fossimo dei ciclisti, tappe definite da domande ben precise che nella vita, tutti prima o poi si sono sentiti fare.

E sono tante. Andiamo da "Quando ti laurei?" a "Quando ti sposi?" passando per la evergreen "Ma un figlio quando lo sforni?".

Non le analizzerò tutte che altrimenti invece di un post ne uscirebbe un libro. Anzi, una bella trilogia, che Tolkien in confronto era breve.


Andando in ordine cronologico, vorrei soffermarmi sulla laurea e in che difficoltà abbiamo messo

parenti, vicini di casa e semplici conoscenti, non fornendo una data specifica per la fine dei nostri studi.

La suddetta vita accademica, che all'inizio erroneamente, credevamo cosa privata, è infatti fonte di preoccupazioni e notti in bianco per una cerchia di persone che va ben al di là di famiglia e amici.

Siamo proprio cattive persone.

Finite le superiori è quasi un obbligo scegliere un corso di laurea ed io non ho fatto eccezione. Per la mia famiglia era importante, per me...bo. Mi bastava avere la prima vera (super giustificata) occasione per andarmene dal mio paese che già verso i 16 anni aveva, giustamente, cominciato ad andarmi stretto.


Che poi allontanarsi è un parolone, ma bastarono poco più di 3 ore di macchina per far piangere mia madre come se mi stessi arruolando per andare in guerra mentre mio padre, orgoglioso, era convinto mi fossi iscritta ad Architettura, anche se non era vero.

Ma dopo crisi esistenziali e cambi di corso....Udite! Udite! Niente laurea, ma un "semplice" altro diploma.


A me piaceva disegnare, di laurearmi non fregava niente. Sempre che poi per disegnare, una laurea sia necessaria ma credo dipenda non solo dalle proprie priorità ma anche da che mestiere si vorrebbe fare.

Ad esempio nessuno mi ha mai chiesto se fossi laureata per disegnare, che so, un logo.

Se al contrario il sogno fosse stato quello di essere un chirurgo, la storia sarebbe cambiata.

Sfido chiunque a farsi operare da una persona diplomata in fashion design, tanto per dire.


Ammetto comunque che a certa può essere frustrante essere un universitario poco convinto. Può farci sentire come se fossimo rimasti indietro ad una corsa alla quale non ci interessava partecipare, figuriamoci vincere.

Gli altri corrono, si sforzano, ce la mettono tutta, sudati e sofferenti, ci superano con lo sguardo dritto alla meta.

Noi nel mentre ci facciamo una passeggiatina digestiva, lenta e rilassante, all'inizio convinti che tutto quello sbattimento sia veramente una cavolata, anche se ogni tanto qualche dubbio ci assale. Forse siamo noi che stiamo sbagliando, non gli altri.

Poi adocchiamo una panchina e decidiamo di fare una sosta. E fine di ogni dubbio esistenziale.


Una volta una vicina di casa, per strada mi ha inseguita per un aggiornamento, non richiesto, sulla nipotina che dopo 3 lauree, 20 specializzazioni e 70 master, era in attesa di una chiamata della NASA. (L'inseguimento è vero però.)

Il più tonto insomma era ingegnere aerospaziale.

Per quanto mi riguarda...beh, anche io ho imparato diverse cose in quegli anni di studio, prima fra tutte che adoravo rum e pera.






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